sabato 29 agosto 2015

QUEL DIO PADRE DI PADRE FEDELE DA SAN BIAGIO E’ COPIATO DA GIOVAN BATTISTA PIAZZETTA.

SERGIO ALCAMO

Ecco un’altra opera di un pittore siciliano del Settecento, padre Fedele da San Biagio - al secolo Matteo Sebastiano Palermo Tirrito (1717-1801) - copiata in toto da un‘invenzione altrui.
Si tratta di un piccolo dipinto su tela (fig. 1) che faceva parte di un gruppo di opere donate verso gli anni 1768-69 da padre Fedele alla chiesa Madre del suo paese natio[1].


Fig. 1 - Padre Fedele da San Biagio, l’Eterno Padre, olio su tela, San Biagio Platani, chiesa Madre (da Costantino 2002).

Raffigura l’Eterno Padre secondo un’iconografia consueta che ce lo mostra con l’aureola a forma di triangolo, espressione della Trinità - e accompagnato in tal senso anche dalla figura di una colomba bianca, raffigurazione simbolica dello Spirito Santo - mentre pone il suo scettro sul globo terrestre.
Il quadro è stato pubblicato qualche anno addietro all’interno del catalogo della mostra dedicata al pittore nel 2002.
L’estensore della relativa scheda riteneva il dipinto stilisticamente vicino ai modi di Olivio Sozzi, maestro di Padre Fedele[2].
Non si soffermava invece sull’invenzione del soggetto che deriva con tutta evidenza da una stampa di Giambattista Piazzetta (1683-1754) tratta da una pubblicazione edita a Venezia nel 1742, I Dodici Apostoli ovvero Opera dipinta da Giambattista Piazzetta incisa da Marco Pitteri Veneto con Privilegio dell'Ecc.mo Senato.
In questa celebre serie, che comprendeva oltre agli apostoli, la figura di dio Padre, di Gesù e della Madonna, il soggetto viene intitolato Omnium Creaturarum Increatus Sator (figg. 2-3).

    
Fig. 2 - Marco Alvise Pitteri (1702-1786), da Giambattista Piazzetta, incisione, 1742, Monza, Civica Raccolta di Incisioni Serrone Villa Reale (da http://www.lombardiabeniculturali.it/stampe/schede/CM010-03399).




Recentemente è stato pubblicato il disegno originale del Piazzetta (fig. 4) dal quale il Pitteri ha tratto l’incisione[3], e a parte un altro foglio con l’apostolo San Simone, è forse l’unico superstite di questa celebre serie, che è stata ammirata e copiata su molti supporti diversi.


Fig. 4 - Giambattista Piazzetta, Dio Padre e lo Spirito Santo, disegno, 1740/1742 ca., Washington, National Gallery of art (da Robison 2014).


È cosa risaputa che molti artisti siciliani del Settecento copiavano direttamente o indirettamente da dipinti, bozzetti, disegni, stampe di traduzione di celebri maestri continentali o di artisti forestieri[4].
In molti casi anche quel soggetto che a un primo sguardo ci appare curioso e originale in realtà è derivato da un’invenzione altrui, ripresa interamente o variata in qualche suo elemento.
Non sempre si riesce a individuare la fonte ma con un po’ di pazienza e, talvolta anche fortuna, alla fine si trova.
Padre Fedele nell’imitare l’opera del Piazzetta, sebbene mediata dal mezzo incisorio, non riesce a cogliere e a trasmettere quel senso di verità che emerge dal soggetto originale[5], e rimane ancorato a quella stanca poetica della grazia arcadica settecentesca senza riuscire, diversamente dal suo maestro Olivio Sozzi, a rendere “la monumentalità e l’impianto costruttivo dell’immagine di impronta marattesca e conchiana”[6] e ripiegando verso un “senso di religiosità chiesastica”[7].





[1] Olio su tela, cm. 80 x 70. Si veda: G. Bongiovanni, scheda 19, in Padre Fedele da San Biagio fra letteratura artistica e pittura, catalogo della mostra a cura di G. Costantino, Caltanissetta 2002 (con bibliografia), pp. 240-241.
[2] Sull’apprendimento artistico di Padre Fedele si veda: G. Costantino, Padre Fedele da San Biagio, pittore del Settecento, in Padre Fedele da San Biagio, op. cit., pp. 19-45.
[3] Disegno a gesso nero su carta grigio-marrone chiaro con lumeggiature in gesso bianco 392 x 311, 1740/1742 ca. Si veda: Scheda 57 in La poesia della luce. Disegni veneziani dalla National Gallery di Washington, a cura di Andrew Robison, Venezia, Marsilio, 2014, pp. 163-165, fig. 57.
[4] A. Marabottini, Introduzione, pp. 9-27, in C. Siracusano, La pittura del Settecento in Sicilia, Roma1986, pp. 18-19.
[5] Sul realismo del Piazzetta derivato dall’incontro con Giuseppe Maria Crespi e dall’insegnamento all’accademia veneziana del disegno dal vivo dal 1722 si veda: Robison 2014, cit..
[6] Bongiovanni 2002, cit..
[7] M. Accascina, Per la pittura del Settecento nel Museo Nazionale di Palermo. Nuovi acquisti, in “Bollettino d’Arte”, A. IX, serie II, maggio 1930, p. 504.

martedì 25 agosto 2015

MODELLI E REPLICHE: SANT’ANNA E LA VERGINE BAMBINA. LUCA GIORDANO VS ELIA INTERGUGLIELMI.

SERGIO ALCAMO


Nel suo recente contributo sul pittore Elia Interguglielmi (1742-1834), inserito nel volume dedicato alla memoria della studiosa del Settecento siciliano Citti Siracusano, Gaetano Bongiovanni pubblicava una tela inedita raffigurante Sant’Anna e la Vergine bambina (fig. 1) custodita nella chiesa del Castello di Baida, frazione di Castellammare del Golfo, firmata “Interguglielmi Pinx 1807”[1].


Fig. 1 - Elia Interguglielmi, Sant’Anna e la Vergine bambina, 1807, tela, chiesa del Castello di Baida (Castellammare del Golfo), (da Bongiovanni 2012).

Lo studioso trovava che nel «volto di Sant’Anna segnato dagli anni con modalità ritrattistiche e soprattutto il richiamarsi alla pittura novellesca per quel modo di concepire la scena entro architetture che delimitano e al tempo stesso qualificano lo spazio sacro. Probabilmente l’Interguglielmi avrà avuto modo di focalizzare il Novelli tardo della Presentazione al tempio della chiesa di San Matteo e il Martirio di Sant’Eulalia di Gherardo Astorino, un tempo nella chiesa eponima e oggi esposto alla Galleria Regionale di Palermo»[2].
In realtà quell’opera è una replica con qualche minima variante dal quadro del medesimo soggetto di Luca Giordano, dipinto nel 1657 per la chiesa dell'Ascensione a Chiaia, quartiere di Napoli (fig.  2).




Fig. 2 - Luca Giordano, Sant'Anna e la Vergine Bambina, 1657, olio su tela, Chiesa dell'Ascensione a Chiaia (da http://www.napoligrafia.it/monumenti/chiese/monumentali/ascensione/ascensione01.htm).


Dell’Interguglielmi si è spesso scritto che è stato un pittore di nascita e formazione napoletana che si trasferì ben presto a Palermo.
Dal contributo di Erminia Scaglia sull’artista, inserito nello stesso volume del saggio di Bongiovanni, apprendiamo invece che molto probabilmente era di origini siciliane e che solo dal 1762 in avanti lo si incontra a Napoli[3].
È ipotizzabile che durante la sua permanenza in questa città abbia avuto modo di ammirare e studiare il dipinto di Luca Giordano.
Molto più probabile, invece, è che la tela dell’Interguglielmi sia stata studiata da un alto pittore locale, l’ericino Pietro Croce (1826-1900), che ne realizzerà una replica con alcune vistose varianti nota come La presentazione di Maria al tempio, datata 1882 e ora nel tesoro della chiesa Madre di Erice (M. Vitella, Il tesoro della Chiesa Madre di Erice, Trapani 2004, p. 16, fig. 2. Su Pietro Croce si veda: http://www.trapaninostra.it/Foto_Trapanesi/Didascalie/Croce_Pietro.htm).
Per un aggiornamento sui dati biografici e sulle opere dell’Interguglielmi si rinvia ai due citati saggi del Bongiovanni e della Scaglia.




[1] G. Bongiovanni, Nuovi contributi a Elia Interguglielmi, pp. 177-181, in Per Citti Siracusano. Studi sulla pittura del Settecento in Sicilia, a cura di G. Barbera, Messina 2012, p.179, fig. 4.
[2] Ivi, p. 179.
[3] E. Scaglia, Un riesame della prima formazione di Elia Interguglielmi alla luce di nuovi apporti documentari, in Per Citti Siracusano. Studi sulla pittura del Settecento in Sicilia, cit., pp. 171-176.

LO SCONOSCIUTO PITTORE SETTECENTESCO DIEGO NORRITO E I SUOI AFFRESCHI NELLA CHIESA DEL CROCIFISSO DI CALATAFIMI.

Sergio Alcamo.

Del pittore Diego Norrito non conosciamo praticamente nulla. È come una meteora nel panorama artistico siciliano e nel territorio trapanese in particolare. È ricordato, infatti, solo da fonti e pubblicazioni locali[1] per essere stato l’autore del ciclo di affreschi (figg. 1-2-3) che decorano la volta dell’unica grande navata della chiesa del S.S. Crocifisso di Calatafimi, progettata dall’architetto Giovan Biagio Amico e realizzata tra il 1741 e il 1759[2].


Fig. 1 – Diego Norrito, Il trionfo della Santa Croce, affresco, (ultimo restauro/rifacimento di Gianbecchina del 1960), Calatafimi, chiesa del S.S. Crocifisso (foto S. Alcamo).



Fig. 2 – Diego Norrito, La visione di Costantino, affresco, (restauro di Gianbecchina nel 1960), Calatafimi, chiesa del S.S. Crocifisso (foto S. Alcamo).



Fig. 3 – Diego Norrito, La Fede e la Carità, affresco, (restauro di Gianbecchina nel 1960), Calatafimi, chiesa del S.S. Crocifisso (foto S. Alcamo).

Da alcuni documenti si evince che l’intervento decorativo deve essere avvenuto nel 1772.
In quest’anno, infatti, «… Diego Norrito dipinge, nella chiesa del S.S. Crocifisso, sulla volta dell’abside e della nave, quattro affreschi relativi all’Esaltazione della Croce»[3].
Queste opere hanno subito nel tempo almeno due interventi di restauro, operati nel 1934 dal Profeta e nel 1960 da Gianbecchina. Probabilmente a quest’ultimo si deve la ridipintura quasi totale degli affreschi che sono stati privati della loro originalità.
Solamente il riquadro del vestibolo di ingresso (fig. 4) sembra sia stato risparmiato ed è forse l’unica testimonianza visiva credibile di questo artista oramai dimenticato. Nonostante i due citati restauri tali affreschi sono oggi molto deteriorati, e tutto l’edificio mostra segni di rovina. Mi auguro che le autorità competenti intervengano molto presto.


Fig. 4 – Diego Norrito, Allegoria, affresco, Calatafimi, chiesa del S.S. Crocifisso (foto S. Alcamo).

L’iconografia di queste opere, per quello che ancora si può apprezzare nell’unico brano non pregiudicato dall’intervento di restaurato, riflette in modo stanco e ripetitivo le cadenze del barocchetto siciliano. Lo stile del pittore si mostra incline a un colorito tenue, mentre la sua mano è incerta. Eppure nei volti riesce a trovare maggiore misura e compostezza di forme.


Fig. 5 – Diego Norrito, Allegoria, affresco, Calatafimi, chiesa del S.S. Crocifisso, particolare (foto S. Alcamo).




[1] N. Mazzara, Le opere di antichità e di arte di Calatafimi. Toponomastica e canti popolari, Alcamo 1981; C. Cataldo, Guida storico-artistica di Alcamo, Calatafimi, Castellammare del Golfo, Salemi, Vita, Alcamo 1982, p. 106; V. Menna, Calatafimi: testimonianze pittoriche, tesi di laurea, Università degli studi di Palermo, Facoltà di Lettere e Filosofia, A.A. 2000-2001, pp. 83-84; C. Cataldo, Calatafimi Segesta tra memoria e storia, Alcamo 2008, p. 98; Guida alla storia e alle opere d’arte di Calatafimi Segesta con itinerario garibaldino, a cura di L. Vanella, Alcamo 2008, p. 7 (con bibliografia).
[2] Sull’architetto Giovanni Biagio Amico si veda A. Mazzamuto, Giovanni Biagio Amico architetto e trattatista del Settecento, Palermo 2003 (con bibliografia). Sulla chiesa del S.S. Crocifisso di Calatafimi in particolare, Ivi, p. 115.

[3] Cataldo 2008, cit., p. 98. 

lunedì 17 agosto 2015

PRECISAZIONI SU ALCUNE INCISIONI DI TRADUZIONE TRATTE DA UNA ADORAZIONE DEI PASTORI DI PIETRO DA CORTONA.

SERGIO ALCAMO

Di recente mi è capitato per le mani una catalogo di quasi dieci anni fa (2006) di una mostra di stampe sul tema del Natale di Gesù[1].
Tra le varie incisioni vi è un bulino di Carlo Grandi (attivo a Milano tra il 1725 e il 1775, quindi a Milano) che riproduce un’Adorazione dei pastori (opera nota anche come Natività) di Pietro Berrettini detto Pietro da Cortona (Cortona 1597- Roma 1669).
Nella scheda di catalogo si afferma che il dipinto è “oggi non rintracciabile”[2].
La cosa più curiosa è che in bibliografia è citato un altro catalogo di una mostra di stampe incentrata anch’essa sul tema del Natale[3], nel quale, tra le varie incisioni ne compare una (fig. 1) di Cornelis Bloemaert (Utrecht 1603-Roma 1684) tratta dal medesimo quadro. Anche in questo caso si afferma che: “il dipinto qui rappresentato appartiene probabilmente al lungo elenco di opere di Pietro da Cortona di cui si ha notizia dalle fonti ma che ora risultano perdute o comunque irrintracciabili”[4], e si cita tra parentesi il testo di Giuliano Briganti del 1982[5].
Non ho potuto consultare il testo dello studioso e non saprei dire se l’opera in esame è citata o meno.
In questa sede posso solo affermare che la tela da cui sono state tratte entrambe le incisioni (in controparte) esiste (fig. 2) e si trova nella Cattedrale di Cortona[6], e probabilmente vi si trova dal 1650, cioè da quando fu eseguita, stando alle parole di Filippo Baldinucci, lo storico d’arte fiorentino vissuto nel XVIII secolo autore, tra l’altro, di una biografia del Berrettini.
Di questo stesso soggetto esiste una variante molto simile (fig. 3) nella chiesa di S. Francesco d’Assisi ad Aversa[7].

 Fig. 1 – Cornelis Bloemaert, Adorazione dei pastori, incisione a bulino, post 1691, da Pietro Berrettini detto Pietro da Cortona (da http://scaffalidigitali.casanatense.it/identifier/RML0345667).


Fig. 2 - Pietro da Cortona, Adorazione dei pastori, 1650 ca., tela, Cortona, Cattedrale (da http://iviaggidiraffaella.blogspot.it/2015/06/cortona-e-le-sue-chiese.html).



Fig. 3 - Pietro da Cortona, Adorazione dei pastori, post 1650, tela, Aversa, chiesa di S. Francesco d’Assisi (da http://www.iststudiatell.org/p_ext/articoli_pezzella%5Cpala_pietro_da_cortona.pdf).

TORINO 17/08/2015




[1] G. Travagliato, IN TEMPORE NATALIS DOMINI. Incisioni e stampe nei libri liturgici della collezione diocesana dal XVI al XX secolo, Bagheria 2006.
[2] Ivi, p. 52, scheda 16.a.. Nello stesso catalogo alla scheda 13.a, (p, 46) è riprodotta un’ulteriore incisione a bulino tratta dal medesimo quadro ad opera di suor Isabella Piccini (Venezia 1646-1734), inserita nel Breviarium romanum...Venetiis MDCCXXVIII, ex Typographia Balleoniana, 1728, p. 146.
[3] IN PRÆSEPIO, Immagini della Natività nelle incisioni dei secoli XVI-XIX, catalogo della mostra a cura di I. Olivieri, A. Vicini Mastrangeli, introduzione di M. Fagiolo, Roma 1987, pp. 59-60, scheda 102..
[4] Ivi, p. 60.
[5] G. Briganti, Pietro da Cortona o della pittura barocca, Firenze 1982, pp. 355-387.
[6] http://iviaggidiraffaella.blogspot.it/2015/06/cortona-e-le-sue-chiese.html
[7] «Un’altra similissima a quella ne fece per la città di Aversa nel Regno di Napoli». Vedi Franco Pezzella, Una pala d’altare di Pietro da Cortona ad Aversa,
da http://www.iststudiatell.org/p_ext/articoli_pezzella%5Cpala_pietro_da_cortona.pdf