sabato 6 maggio 2017

UN CRISTO UOMO DI DOLORI IN PIETRA INCARNATA DI MANIFATTURA TRAPANESE DEL XVII-XVIII SECOLO A CARPENEDO (VE).

SERGIO ALCAMO

Sfogliando recentemente un piccolo volume di qualche anno fa dal titolo Mestre. Arte e fede[1] mi sono imbattuto in una statuetta (cm 50 x 20) di Cristo uomo di dolori (fig. 1) in “pietra incarnata” con estese tracce di policromia, che stando a quanto riportato nella relativa scheda curata da Camillo Tonini si custodisce a Carpenedo, presso Mestre, nella canonica della chiesa dei Santi Gervasio e Protasio[2].


fig. 1 - Anonimo del XVII-XVIII sec., Cristo uomo di dolori, pietra incarnata, Carpenedo, chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, canonica (da Mestre. Arte e fede, 1997, p. 50)

Attribuito ad artista anonimo del XVII secolo lo studioso ne evidenzia «l’atteggiamento ricercato» e «la sintassi formale manieristica». «Infatti l’elegante contrapposizione fra la testa, inclinata verso destra, e il torso, appena ruotato a sinistra, così come le calcolate movenze opposte tra le braccia e le gambe, denotano appunto un interesse per formule caratteristiche del periodo manierista. Le pieghe del mantello e del perizoma, che coprono la nuda figura, creano un insistito gioco chiaroscurale che si contrappone alla resa più distesa e monumentale del corpo di Cristo. Una composta drammaticità trapela dall’espressione del volto appena accennata dalla bocca semiaperta»[3]
Tonini non coglie tuttavia un dettaglio importantissimo: il particolare materiale del manufatto è sì l’alabastro, come indicato nella scheda, ma la variante rosa, conosciuto anche come “pietra incarnata”, una pietra dolce e facilmente lavorabile che un tempo veniva estratta in una cava privata posta presso l’odierno comune di Valderice in località Casalbianco, e caratterizzata da venature scure e macchie che simulano le vene del corpo, i lividi e le chiazze di sangue rappreso, conferendo pathos e realismo a piccole sculture incentrate sulla passione e morte di Cristo (Ecce Homo, Cristo alla colonna, Cristo deriso o Uomo di dolori, Cristo Crocifisso, Cristo deposto).
Con questo materiale le maestranze artigiane trapanesi hanno creato tra XVII e XVIII secolo veri e propri capolavori[4].
La statuetta veneta pertanto deve essere lavoro di un artista orbitante in una delle numerose botteghe come quelle dei Tipa (Andrea e Alberto) o di Giacomo Tartaglio, o dei tanti scultori dediti alla lavorazione della pietra incarnata.
Non avendo avuto modo di studiare dal vivo il manufatto mi esimo dal pronunciarmi sull'attribuzione e mi limito a condividere con gli studiosi di arte siciliana la conoscenza di un piccolo gioiello che finora mi pare sia sfuggito agli specialisti del settore.




[1] AA. VV., Mestre. Arte e fede, Venezia, Marsilio, 1997.
[2] C. Tonini, Anonimo (XVII secolo) Cristo, in Ivi, pp. 50-51. Come bibliografia viene riportata la scheda OA SBAS VE 00134215, 1991.
[3] Ibid..
[4] Per una panoramica su questo materiale e per un breve elenco di opere si rinvia al saggio di Lina Novara, La pietra incarnata di Valderice nella scultura trapanese, in Valderice 2009 Scuola e territorio, Valderice 2009, pp. 16-20 (con bibliografia precedente) (ora anche in  https://issuu.com/lapis/docs/pietra_incarnata_novara). Cfr.: Sergio Intorre, Il Cristo deriso della chiesa di San Calogero a Naro, in «OADI», n. 12, dicembre 2015 (già in  http://www1.unipa.it/oadi/oadiriv/?page_id=2399).