martedì 29 agosto 2017

LA MADONNA DEI RACCOMANDATI DI VITO D’ANNA AD ACIREALE: DERIVAZIONI DA UN PROTOTIPO DI CARLO MARATTA.

SERGIO ALCAMO

Tra le prime opere di Vito D’Anna (Palermo, 1718-1769), il maggior frescante siciliano del Settecento[1], le fonti ottocentesche[2] citano un affresco riproducente la Madonna dei Raccomandati (fig. 1) nella chiesetta della contrada omonima ad Acireale[3].


Fig. 1 - Vito D’Anna, Madonna dei Raccomandati, affresco, 1740-1744 circa, Acireale, chiesetta dei Raccomandati (da http://www.fancityacireale.it/wordpress2/piccola-storia-di-jaci-contrada-raccomandati/).

Tale pittura murale ancora in situ sarebbe stata realizzata durante l’apprendistato presso la bottega del pittore Pietro Paolo Vasta (Acireale, 1697-1760) conclusosi nel 1744. L’iconografia richiama quella della Madonna della Mercede o della Misericordia, con la Vergine Maria raffigurata in piedi mentre allarga il proprio mantello per accogliervi, al di sotto, i fedeli inginocchiati[4].
L’affresco acese, assai rovinato ed in parte ridipinto, riproduce un tale schema con ai piedi della Madonna alcuni fedeli laici in posizione più arretrata mentre in primo piano troviamo due figure di santi che dalla foto a nostra disposizione non riusciamo ad identificare ma che verosimilmente appartengono a quegli ordini religiosi che più degli altri sono devoti alla Madonna della Mercede (Domenicani, Carmelitani, Gesuiti)[5].
Non conosciamo la datazione esatta di esecuzione dell’affresco, che la critica tende a collocare approssimativamente tra il 1740 e il 1744, mentre ci sembra di poter affermare che il modello cui ha guardato il giovane palermitano sia la tela della Nuestra Señora del Gonfalón (fig. 2) dipinta da Carlo Maratta (o Maratti) (Camerano, 15 maggio 1625 - Roma, 15 dicembre 1713) per la chiesa di Santa Eulalia di Palma di Maiorca[6]


Fig. 2 - Carlo Maratta, Nuestra Señora del Gonfalón, olio su tela, 1656, Palma di Maiorca, chiesa di Santa Eulalia (da http://fabian.balearweb.net/post/42495).

Tra le opere meno note dell’artista ma ben documentata, sappiamo che fu commissionata nel 1656 e terminata nello stesso anno al costo di 160 scudi e 32 soldi.
Escludendo per ovvie ragioni la visione diretta da parte di Vito della tela ipotizziamo per contro la conoscenza di una qualche prova grafica del celebre maestro, come ad esempio il foglio della Wallace Collection di Londra (fig. 3) che ha tutta l’aria di essere strettamente correlabile alla composizione spagnola[7].


Fig. 3 - Carlo Maratta, La Vergine della Mercede con i Santi Bonaventura ed Eulalia, disegno,1656 circa, Londra, Wallace collection (da http://wallacelive.wallacecollection.org/eMuseumPlus?service=ExternalInterface&module=collection&objectId=65708).

Sappiamo dal Vigo, biografo del Vasta, che quest’ultimo recò con sé dal suo lungo soggiorno di formazione nel continente (Roma, Torino, Napoli) numerosi disegni, oltre a stampe, gessi e dipinti[8]. Forse uno di questi fogli - magari non originale del Maratta ma, come osservava la Siracusano, esercitazioni dello stesso Vasta o di altri artisti scolari del maestro di Camerano - potrebbero essere stati presi a modello dal D’Anna per la sua autonoma seconda impresa giovanile ad affresco[9].
Considerando tuttavia l’assoluta similitudine di alcuni colori (il manto azzurro e la veste rossa della Vergine, il manto giallo-arancio della Santa Eulalia) non si può escludere che il D’Anna possa aver guardato ad un bozzetto (originale?) o ad una copia in scala dello stesso Vasta, al momento irrintracciabile: lo proverebbe l’assenza nel dipinto spagnolo della figura dell’angioletto in primo piano che invece presenzia nel disegno londinese.
Il giovane Vito ha apportato alcune notevoli varianti al modello sostituendo le figure di Bonaventura ed Eulalia con quelle degli altri due santi ed eliminando il corteo angelico che attornia Dio padre. Di contro l’immagine della santa spagnola viene recuperata in controparte e retrocessa nelle seconde file, assumendo l’aspetto di una semplice fedele. Infine la Vergine invece che su una nuvola sta su un piedistallo parallelepipedo liscio e contraddistinto da leggere modanature.
Le cattive condizioni dell’affresco non permettono di giudicarlo correttamente tuttavia, come osservava la Siracusano, «il D’Anna si mostra sotto l’influenza del Vasta e sostanzialmente ne ripete le idee che deformano provincialmente il classicismo romano da Domenichino a Maratta»[10].




[1] Per un ragguaglio sull’artista si vedano almeno: M. G. Paolini, D’Anna Vito, ad vocem, in Dizionario Biografico degli Italiani, con bibliografia fino al 1985; C. Siracusano, La pittura del Settecento in Sicilia, Roma 1986, pp. 270-281; I. Guccione, Vito D'Anna (1718-1769): identità di un artista, Università degli studi di Palermo, Facoltà di lettere e filosofia, Dottorato di ricerca in storia dell'arte medievale, moderna e contemporanea in Sicilia, 18. Ciclo, tutor Diana Malignaggi; coordinatore Maria Concetta Di Natale, Anno accademico 2006/2007 (con bibliografia). Da ultimo: M. La Monica, Vito D’Anna pittore rococò tra sacro e profano, Palermo 2012. Rinvio inoltre ai miei contributi on line su questo stesso Blog: OLIVIO SOZZI A CASTELVETRANO: NUOVE IPOTESI ATTRIBUTIVE SULLA MADONNA DEGLI AGONIZZANTI DI VITO D’ANNA, del 9 aprile 2014, (in http://spigolaturediartesiciliana.blogspot.it/2014/04/ncora-sulla-madonna-degli-agonizzanti.html); E’ DI VITO D’ANNA L’AFFRESCO DELLA SAGRESTIA DELLA CHIESA DI S. FRANCESCO DI PAOLA A PALERMO?, del 6 agosto 2014 (in  http://spigolaturediartesiciliana.blogspot.it/2014/08/e-di-vito-danna-laffresco-della.html).
[2] L. Vigo, Memorie di P. Paolo Vasta, pittore di Acireale, Palermo 1827, p. 61.
[3] «Nel 500′ la contrada “Raccomandati” è già presente nel bosco di Jaci nella pertinenza di Palombaro, zona destinata in enfiteusi da Mons Nicolo’ Caracciolo vescovo di Catania. Inizialmente vi era un edicola dove i coniugi Biagio e Speranza Catanzaro con atto pubblico del 1629 vi fondarono una cappellania laicale di cui l’ultimo investito fu il Sac. Domenico Catanzaro, con decreto del 1 marzo 1837 dal vescovo Domenico Orlando. La Cappella viene danneggiata dal terremoto del 1693 e ristrutturata nei primi anni del 700′. Nel 1740 il pittore Vito D’Anna affrescò l’immagine della Madonna», Piccola Storia di Jaci - Contrada “Raccomandati”, Set 15, 2015 (http://www.fancityacireale.it/wordpress2/piccola-storia-di-jaci-contrada-raccomandati/).
[4] Per un veloce tratteggio di tale iconografia si veda: “Madonna della Mercede”, già in (https://it.wikipedia.org/wiki/Madonna_della_Mercede).
[5] Forse la figura femminile a sinistra si può identificare con Santa Caterina da Siena o una santa monaca domenicana (Rosa da Lima?), mentre in quella di destra si potrebbe riconoscere San Camillo de Lellis, fondatore dell'Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi (Camilliani).
[6] Sulla composizione del Maratta (olio su tela, m. 3,10 x 2,30): F. Sureda Trujillo, UNA OBRA DE MARATTA EN PALMA: LA VIRGEN DEL GONFALON, in «Mayurqa», IX, 1972, pp. 155-156.
[7] Il disegno della Wallace collection di Londra è visibile nel sito web del Museo in (http://wallacelive.wallacecollection.org:8080/eMuseumPlus;jsessionid=2E44F57B35DAF812C076378E2359DA03.node1?service=direct/1/ResultDetailView/result.inline.lightbox.t1.collection_lightbox.$TspTitleImageLink.link&sp=13&sp=Sartist&sp=SelementList&sp=0&sp=0&sp=999&sp=SdetailView&sp=0&sp=Sdetail&sp=1&sp=T&sp=0&sp=Slightbox_3x4&sp=0&sp=T&sp=0).
[8] Vigo 1826, cit., p. 14. Il Vigo riferiva che presso Giuseppe Greco, un pittore allievo di Giuseppe Velasco, stavano - tra gli altri - circa trenta disegni del Maratta. Cfr.: Siracusano 1986, cit., p. 244, nota 18.
[9] Una prima opera, con questa tecnica, una Pietà firmata e datata 1734, è ricordata sempre dal Vigo (1827, cit., pp. 60-61), mentre un S. Vito era ubicato presso la chiesa di S. Biagio ad Aci S. Antonio ed oggi scomparso.
[10] Siracusano 1986, cit., p. 270.

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