SERGIO ALCAMO
Sfogliando recentemente
un piccolo volume di qualche anno fa dal titolo Mestre. Arte e fede[1]
mi sono imbattuto in una statuetta (cm 50 x 20) di Cristo uomo di dolori (fig.
1) in “pietra incarnata” con estese tracce di policromia, che stando a
quanto riportato nella relativa scheda curata da Camillo Tonini si custodisce a
Carpenedo, presso Mestre, nella canonica della chiesa dei Santi Gervasio e
Protasio[2].
fig. 1 - Anonimo del XVII-XVIII sec., Cristo uomo di dolori, pietra incarnata, Carpenedo, chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, canonica (da Mestre. Arte e fede, 1997, p. 50)
Attribuito ad
artista anonimo del XVII secolo lo studioso ne evidenzia «l’atteggiamento
ricercato» e «la sintassi formale manieristica». «Infatti l’elegante
contrapposizione fra la testa, inclinata verso destra, e il torso, appena
ruotato a sinistra, così come le calcolate movenze opposte tra le braccia e le
gambe, denotano appunto un interesse per formule caratteristiche del periodo
manierista. Le pieghe del mantello e del perizoma, che coprono la nuda figura,
creano un insistito gioco chiaroscurale che si contrappone alla resa più
distesa e monumentale del corpo di Cristo. Una composta drammaticità trapela
dall’espressione del volto appena accennata dalla bocca semiaperta»[3].
Tonini non
coglie tuttavia un dettaglio importantissimo: il particolare materiale del
manufatto è sì l’alabastro, come indicato nella scheda, ma la variante rosa,
conosciuto anche come “pietra incarnata”, una pietra dolce e facilmente
lavorabile che un tempo veniva estratta in una cava privata posta presso l’odierno
comune di Valderice in località Casalbianco, e caratterizzata da venature scure
e macchie che simulano le vene del corpo, i lividi e le chiazze di sangue
rappreso, conferendo pathos e realismo
a piccole sculture incentrate sulla passione e morte di Cristo (Ecce Homo, Cristo alla colonna, Cristo
deriso o Uomo di dolori, Cristo Crocifisso, Cristo deposto).
Con questo
materiale le maestranze artigiane trapanesi hanno creato tra XVII e XVIII
secolo veri e propri capolavori[4].
La statuetta
veneta pertanto deve essere lavoro di un artista orbitante in una delle
numerose botteghe come quelle dei Tipa (Andrea e Alberto) o di Giacomo Tartaglio,
o dei tanti scultori dediti alla lavorazione della pietra incarnata.
Non avendo avuto
modo di studiare dal vivo il manufatto mi esimo dal pronunciarmi
sull'attribuzione e mi limito a condividere con gli studiosi di arte siciliana
la conoscenza di un piccolo gioiello che finora mi pare sia sfuggito agli specialisti
del settore.
[1]
AA. VV., Mestre. Arte e fede, Venezia,
Marsilio, 1997.
[2]
C. Tonini, Anonimo (XVII secolo) Cristo,
in Ivi, pp. 50-51. Come bibliografia viene riportata la scheda OA SBAS VE
00134215, 1991.
[3]
Ibid..
[4]
Per una panoramica su questo materiale e per un breve elenco di opere si rinvia
al saggio di Lina Novara, La pietra
incarnata di Valderice nella scultura trapanese, in Valderice 2009 Scuola e territorio, Valderice 2009, pp. 16-20 (con
bibliografia precedente) (ora anche in https://issuu.com/lapis/docs/pietra_incarnata_novara).
Cfr.: Sergio Intorre, Il Cristo deriso
della chiesa di San Calogero a Naro, in «OADI», n. 12, dicembre 2015 (già
in http://www1.unipa.it/oadi/oadiriv/?page_id=2399).
Nessun commento:
Posta un commento