SERGIO ALCAMO
Tra le prime
opere di Vito D’Anna (Palermo, 1718-1769), il maggior frescante siciliano del
Settecento[1],
le fonti ottocentesche[2]
citano un affresco riproducente la Madonna dei Raccomandati (fig. 1) nella chiesetta
della contrada omonima ad Acireale[3].
Fig. 1 - Vito D’Anna,
Madonna dei Raccomandati, affresco, 1740-1744
circa, Acireale, chiesetta dei Raccomandati (da http://www.fancityacireale.it/wordpress2/piccola-storia-di-jaci-contrada-raccomandati/).
Tale pittura
murale ancora in situ sarebbe stata realizzata durante l’apprendistato presso la bottega del
pittore Pietro Paolo Vasta (Acireale, 1697-1760) conclusosi nel 1744. L’iconografia
richiama quella della Madonna della Mercede o della Misericordia, con la
Vergine Maria raffigurata in piedi mentre allarga il proprio mantello per
accogliervi, al di sotto, i fedeli inginocchiati[4].
L’affresco
acese, assai rovinato ed in parte ridipinto, riproduce un tale schema con ai
piedi della Madonna alcuni fedeli laici in posizione più arretrata mentre in
primo piano troviamo due figure di santi che dalla foto a nostra disposizione
non riusciamo ad identificare ma che verosimilmente appartengono a quegli
ordini religiosi che più degli altri sono devoti alla Madonna della Mercede (Domenicani,
Carmelitani, Gesuiti)[5].
Non conosciamo
la datazione esatta di esecuzione dell’affresco, che la critica tende a
collocare approssimativamente tra il 1740 e il 1744, mentre ci sembra di poter affermare
che il modello cui ha guardato il giovane palermitano sia la tela della Nuestra
Señora del Gonfalón (fig. 2) dipinta da Carlo Maratta (o Maratti) (Camerano, 15
maggio 1625 - Roma, 15 dicembre 1713) per la chiesa di Santa Eulalia di Palma
di Maiorca[6].
Fig. 2 - Carlo Maratta,
Nuestra Señora del Gonfalón, olio su
tela, 1656, Palma di Maiorca, chiesa di Santa Eulalia (da http://fabian.balearweb.net/post/42495).
Tra le opere meno note dell’artista ma ben documentata, sappiamo che fu
commissionata nel 1656 e terminata nello stesso anno al costo di 160 scudi e 32
soldi.
Escludendo per
ovvie ragioni la visione diretta da parte di Vito della tela ipotizziamo per contro
la conoscenza di una qualche prova grafica del celebre maestro, come ad esempio
il foglio della Wallace Collection di Londra (fig. 3) che ha tutta l’aria di
essere strettamente correlabile alla composizione spagnola[7].
Fig. 3 - Carlo Maratta,
La Vergine della Mercede con i Santi
Bonaventura ed Eulalia, disegno,1656 circa, Londra, Wallace collection (da http://wallacelive.wallacecollection.org/eMuseumPlus?service=ExternalInterface&module=collection&objectId=65708).
Sappiamo dal
Vigo, biografo del Vasta, che quest’ultimo recò con sé dal suo lungo soggiorno
di formazione nel continente (Roma, Torino, Napoli) numerosi disegni, oltre a
stampe, gessi e dipinti[8].
Forse uno di questi fogli - magari non originale del Maratta ma, come osservava
la Siracusano, esercitazioni dello stesso Vasta o di altri artisti scolari del
maestro di Camerano - potrebbero essere stati presi a modello dal D’Anna per la
sua autonoma seconda impresa giovanile ad affresco[9].
Considerando
tuttavia l’assoluta similitudine di alcuni colori (il manto azzurro e la veste
rossa della Vergine, il manto giallo-arancio della Santa Eulalia) non si può
escludere che il D’Anna possa aver guardato ad un bozzetto (originale?) o ad
una copia in scala dello stesso Vasta, al momento irrintracciabile: lo
proverebbe l’assenza nel dipinto spagnolo della figura dell’angioletto in primo
piano che invece presenzia nel disegno londinese.
Il giovane Vito
ha apportato alcune notevoli varianti al modello sostituendo le figure di
Bonaventura ed Eulalia con quelle degli altri due santi ed eliminando il corteo
angelico che attornia Dio padre. Di contro l’immagine della santa spagnola
viene recuperata in controparte e retrocessa nelle seconde file, assumendo
l’aspetto di una semplice fedele. Infine la Vergine invece che su una nuvola
sta su un piedistallo parallelepipedo liscio e contraddistinto da leggere
modanature.
Le cattive
condizioni dell’affresco non permettono di giudicarlo correttamente tuttavia,
come osservava la Siracusano, «il D’Anna si mostra sotto l’influenza del Vasta
e sostanzialmente ne ripete le idee che deformano provincialmente il
classicismo romano da Domenichino a Maratta»[10].
[1] Per un ragguaglio sull’artista si
vedano almeno: M. G. Paolini, D’Anna Vito,
ad vocem, in Dizionario Biografico degli Italiani, con bibliografia fino al
1985; C. Siracusano, La pittura del
Settecento in Sicilia, Roma 1986, pp. 270-281; I. Guccione, Vito D'Anna (1718-1769): identità di un
artista, Università degli studi di Palermo, Facoltà di lettere e filosofia,
Dottorato di ricerca in storia dell'arte medievale, moderna e contemporanea in
Sicilia, 18. Ciclo, tutor Diana Malignaggi; coordinatore Maria Concetta Di
Natale, Anno accademico 2006/2007 (con bibliografia). Da ultimo: M. La Monica, Vito D’Anna pittore rococò tra sacro e
profano, Palermo 2012. Rinvio inoltre ai miei contributi on line su questo stesso Blog: OLIVIO SOZZI A CASTELVETRANO:
NUOVE IPOTESI ATTRIBUTIVE SULLA MADONNA DEGLI AGONIZZANTI DI VITO D’ANNA, del 9
aprile 2014, (in http://spigolaturediartesiciliana.blogspot.it/2014/04/ncora-sulla-madonna-degli-agonizzanti.html);
E’ DI VITO D’ANNA L’AFFRESCO DELLA SAGRESTIA DELLA CHIESA DI S. FRANCESCO DI
PAOLA A PALERMO?, del 6 agosto 2014 (in http://spigolaturediartesiciliana.blogspot.it/2014/08/e-di-vito-danna-laffresco-della.html).
[2] L. Vigo, Memorie di P. Paolo Vasta, pittore di Acireale, Palermo 1827, p.
61.
[3] «Nel 500′ la contrada “Raccomandati” è già presente nel bosco di Jaci
nella pertinenza di Palombaro, zona destinata in enfiteusi da Mons Nicolo’
Caracciolo vescovo di Catania. Inizialmente vi era un edicola dove i coniugi
Biagio e Speranza Catanzaro con atto pubblico del 1629 vi fondarono una
cappellania laicale di cui l’ultimo investito fu il Sac. Domenico Catanzaro,
con decreto del 1 marzo 1837 dal vescovo Domenico Orlando. La Cappella
viene danneggiata dal terremoto del 1693 e ristrutturata nei primi anni del
700′. Nel 1740 il pittore Vito D’Anna affrescò l’immagine della Madonna», Piccola Storia di Jaci - Contrada
“Raccomandati”, Set 15, 2015
(http://www.fancityacireale.it/wordpress2/piccola-storia-di-jaci-contrada-raccomandati/).
[4] Per un veloce tratteggio di tale iconografia
si veda: “Madonna della Mercede”, già
in (https://it.wikipedia.org/wiki/Madonna_della_Mercede).
[5] Forse la figura femminile a sinistra si può identificare con Santa Caterina da Siena o una santa monaca
domenicana (Rosa da Lima?), mentre in quella di destra si potrebbe riconoscere San
Camillo de Lellis, fondatore dell'Ordine dei Chierici Regolari
Ministri degli Infermi (Camilliani).
[6] Sulla composizione del Maratta
(olio su tela, m. 3,10 x 2,30): F. Sureda Trujillo, UNA OBRA DE MARATTA EN PALMA: LA VIRGEN DEL GONFALON, in «Mayurqa»,
IX, 1972, pp. 155-156.
[7] Il disegno della Wallace
collection di Londra è visibile nel sito web del Museo in (http://wallacelive.wallacecollection.org:8080/eMuseumPlus;jsessionid=2E44F57B35DAF812C076378E2359DA03.node1?service=direct/1/ResultDetailView/result.inline.lightbox.t1.collection_lightbox.$TspTitleImageLink.link&sp=13&sp=Sartist&sp=SelementList&sp=0&sp=0&sp=999&sp=SdetailView&sp=0&sp=Sdetail&sp=1&sp=T&sp=0&sp=Slightbox_3x4&sp=0&sp=T&sp=0).
[8] Vigo 1826, cit., p. 14. Il Vigo
riferiva che presso Giuseppe Greco, un pittore allievo di Giuseppe Velasco,
stavano - tra gli altri - circa trenta disegni del Maratta. Cfr.: Siracusano
1986, cit., p. 244, nota 18.
[9] Una prima opera, con questa
tecnica, una Pietà firmata e datata
1734, è ricordata sempre dal Vigo (1827, cit., pp. 60-61), mentre un S. Vito era ubicato presso la chiesa di
S. Biagio ad Aci S. Antonio ed oggi scomparso.
[10] Siracusano 1986, cit., p. 270.