di Sergio Alcamo.
Durante
il mio recente viaggio in Sicilia ho avuto modo di rivedere l’affresco appena
restaurato[1]
che decora la volta della bella sacrestia della chiesa di S. Francesco di Paola
a Palermo (fig. 1). Si tratta de Il Trionfo
della Religione, già attribuito in passato a Vito D’Anna[2],
poi declassato ad opera del di lui figlio Alessandro[3]
e, infine, per lungo tempo trascurato dagli studiosi[4].
Fig. 1 - Chiesa di S. Francesco di Paola,
Palermo, sacrestia (dopo il restauro) (foto S. Alcamo).
Iconograficamente quest’opera rappresenta la figura
allegorica della Fede Cattolica vestita di bianco e assisa su un carro sospeso
sulle nubi. Regge il calice con l’ostia irradiante fasci di luce e la croce,
simbolo della fede in Cristo. Sotto di lei una figura femminile è attorniata da
diversi angeli che reggono alcuni strumenti per officiare i riti sacri (un incensiere,
il messale, i paramenti sacerdotali), mentre alla sua sinistra un puttino
distrugge una statua di divinità pagana con un martello. In basso alla
composizione la figura allegorica della Religione Ebraica sta seduta, pensosa e
meditabonda, quasi melanconica, su una nuvola sulla quale trovano posto anche i
simboli di quella religione, le tavole della legge, il pettorale del giudizio (Hoshen) incrostato di pietre preziose, e
la mitra del gran sacerdote sulla quale, invece della consueta formula inneggiante
a Jhwh campeggia quella che sembra la
data, il 1750.
È
stata una grande emozione rivedere l’opera dopo neppure sette mesi (l’avevo
vista nel dicembre del 2013) (fig. 2) in una nuova veste, ripulita e meglio
leggibile (fig. 3).
Purtroppo
l’intervento di restauro ci restituisce una pellicola pittorica sofferente e non
in ottime condizioni che mostra i danni provocati dal tempo e dall’incuria, e che
in alcuni brani ha subito delle perdite di colore. Aveva sicuramente subito dei
rimaneggiamenti, come dimostra l’assenza adesso del finto cornicione mistilineo
all’interno della cornice reale dell’affresco stesso.
Figg. 2-3 - Vito D’Anna?, 1750?, Trionfo della Religione cattolica,
affresco, Chiesa di S. Francesco di Paola, sagrestia, (prima e dopo il
restauro), (foto S. Alcamo).
L’opera
ha così acquistato maggiore libertà e ariosità e rivela adesso una qualità notevole
più di quanto, a mio avviso, la critica moderna gli aveva attribuito[5]
anzi, a questo proposito, volevo fare alcune considerazioni su quest’opera
negletta in attesa che siano pubblicati i risultati dell’intervento di restauro
curato dalla Soprintendenza di Palermo, che sta interessando l’intero edificio.
Vito D’Anna (1718-1769) è forse il pittore e decoratore ad
affresco più importante del Settecento siciliano. Su lui molto è stato scritto[6],
sebbene manchi a tutt’oggi una monografia aggiornata ed esaustiva[7].
Molte delle sue opere mobili (quadri, disegni e bozzetti) sono riemerse
dall’oblio in cui per troppo tempo erano precipitate a causa dei fattori più diversi
(errate attribuzioni per assenza di documenti, cattivi e/o vecchi restauri con estese
ridipinture e alterazioni, dispersioni, furti, ecc..). Di contro, molti suoi
affreschi sono oramai irrimediabilmente perduti a causa delle distruzioni
belliche ma anche per la mano dell’uomo che nel nome di un progresso e di una
modernità incontrollati ha finito per modificare spazi pubblici, con
l’abbattimento di interi edifici e ambienti privati riducendo, ad esempio,
quelli che una volta erano grandi palazzi nobiliari in più modesti appartamenti,
magari dati pure in affitto[8].
Quei pochi resti superstiti dei cicli decorativi del D’Anna
di cui abbiamo notizia o sono in attesa di restauro - quando non sono ridotti a
miseri lacerti di un glorioso passato, perendo agonizzanti nel deplorevole
silenzio collettivo[9] - oppure
sono ancora oggi ignorati dagli studiosi o addirittura del tutto ignoti e molti
aspetti e momenti della sua attività restano sconosciuti.
Come dicevo all’inizio molto è stato scritto, anche di
recente[10],
eppure ancora molti dubbi permangono in particolare sulla sua attività
artistica giovanile: i dipinti (alcuni oggi irreperibili) e gli interventi
decorativi ad affresco realizzati durante la formazione acese alla scuola del
Vasta, quelli del periodo immediatamente successivo al ritorno a Palermo e
all’ingresso nella bottega del Sozzi e soprattutto le opere realizzate prima durante
e subito dopo il viaggio di studio a Roma, soggiorno che secondo la vulgata moderna
sarebbe durato dal 1746 al 1751[11],
ma che secondo le fonti sette-ottocentesche sarebbe stato in realtà di breve
durata[12],
addirittura solo sei mesi per Sagadari di Lo Monaco[13],
a causa della salute cagionevole del giovane artista.
Possiamo affermare che in generale si riscontra un vuoto di
documenti e opere di circa cinque/sei anni corrispondenti grosso modo agli anni
di questo presunto lungo soggiorno nella capitale[14].
Dopo la fine dell’alunnato, durato otto anni, presso il
pittore acese Pietro Paolo Vasta e il rientro a Palermo nel 1744, e quindi l’inizio
della collaborazione con Olivio Sozzi, che diverrà presto suo suocero[15],
il catalogo del pittore è stato variamente colmato dagli storici dell’arte con
alcune opere che mostrano, a mio modesto avviso, qualità e stile divergenti e
che pertanto andrebbero valutate meglio nel percorso artistico dell’artista alla
ricerca di un proprio linguaggio.
Ilaria
Guccione, studiosa palermitana che di più in questi anni si è dedicata con
passione al pittore concittadino elenca, sulla base di alcuni noti documenti,
una serie di opere che ragionevolmente andrebbero a coprire questi primi anni
palermitani e tra queste pone l’Ascensione
di Cristo di S. Anna la Misericordia, attribuibile alla prima metà del
1745, i due affreschi per Casa Professa con S.
Rosalia intercede per la peste e S.
Rosalia in gloria libera Palermo dalla Peste, sempre del 1745, e infine
l’affresco a monocromo con la Purità,
per S. Sebastiano alla Marina, collocabile al 1747[16],
opere, specialmente le prime due, molto differenti tra loro, ma che manifestano
da un lato le caratteristiche dello stile del D’Anna già pienamente maturo, dall’altro
un ripiegamento verso forme più classiciste, alla Vasta, per così dire.
Cosa, dunque, ha realmente dipinto il D’Anna tra il 1746/47 e
il 1750751, in questo secondo periodo di formazione e maturazione alla bottega
del Sozzi? Quali opere ha dipinto prima del viaggio a Roma e subito dopo il
rientro a Palermo? E soprattutto: quali opere ci mostrano l’evoluzione dello
stile del giovane pittore da formule ancora legate al classicismo romano, dalle volumetrie solide e scultoree verso forme più
morbide, vaporose e di gusto pienamente rococò?
Forse una risposta ci può venire dall’affresco della
sagrestia della chiesa di S. Francesco di Paola a Palermo che, come ho detto
prima, era stato attribuito da alcune fonti ottocentesche[17]
a Vito D’Anna e declassato - se così si può dire - da Citti Siracusano ad opera
del figlio Alessandro[18].
Secondo Agostino Gallo quest’ultimo avrebbe iniziato la propria carriera
pubblica verso il 1766 in questa chiesa, eseguendo diverse opere tra le quali affreschi
con le Storie di S. Francesco di Paola,
che la Siracusano ritiene siano le due tele, tutt’ora in loco, del medesimo
soggetto, e la tela col Beato Longobardi
di fronte alla Trinità[19].
Mi chiedo allora: perché proprio in questa chiesa? Probabilmente
proprio perché vi aveva già lavorato il padre.
Avendo avuto modo di vedere l’affresco poco prima del
recentissimo intervento di restauro (fig. 4) e poco dopo lo stesso (fig. 5), ho
notato quella che sembrerebbe essere una data, [1]750, apposta sulla mitra retta
dalla figura femminile in primo piano in basso a sinistra, che allegoricamente
raffigura la Religione ebraica, data che chiaramente contrasta con la biografia
di Alessandro, nato nel 1746. Se questa mia osservazione fosse confermata ci
troveremmo di fronte ad un opera certa di Vito.
Fig. 4 - Vito D’Anna? 1750?, Trionfo della Religione Cattolica, affresco, Chiesa di S. Francesco
di Paola, sagrestia, (particolare con la data [1]750 prima del restauro) (foto S.
Alcamo).
Fig. 5 - Vito D’Anna? 1750? Trionfo della Religione Cattolica, affresco, Chiesa di S. Francesco
di Paola, sagrestia, (particolare con la data [1]750 dopo il restauro) (foto S.
Alcamo).
Sulla sacrestia il Roberti scriveva “Assai ampia e bellamente decorata di stucchi e di pitture, essa venne
ridotta allo stato attuale nella prima metà del XVIII secolo, per opera
specialmente del Rev.mo P. Clemente Ciriminna, morto poi Generale dell’Ordine,
a Paola nel 1767”[20].
Il Garstang riporta invece la notizia che la sagrestia fu costruita ex novo tra il 1759 e il 1760[21].
Nei documenti citati dallo studioso non si fa riferimento alcuno alle
decorazioni pittoriche, quindi l’affresco in teoria sarebbe stato realizzato per
ultimo.
Ma anche ammesso che la decorazione pittorica sia avvenuta, come
era prassi, alla fine, e quindi verso il 1760, Alessandro D’Anna, nato secondo
il Gallo nel 1746[22],
avrebbe avuto a quell’epoca solo 14 anni, e mi sembrano davvero pochi per una
commissione del genere. Forse per ex novo
bisogna intendere solo il rinnovamento dell’apparato decorativo a stucco e
dorature.
Ritengo perciò più plausibile che l’affresco sia proprio opera
di Vito D’Anna e vicino stilisticamente alle pitture di palazzo Benenati e di
quelle della cupola di S. Caterina, entrambi del 1751. Caratteristica comune a
tutte queste opere mi sembra, infatti, la ricerca di colori meno squillanti, e
più amalgamati, di pieghe meno taglienti e più morbide, di incarnati più
pastosi e, soprattutto, l’insistenza ad ombreggiare fortemente la zona tra il
mento e la gola delle diverse figure.
Anche nell’affresco della sacrestia di S. Francesco di Pola l’artista
sembra ricercare una pittura tonale, un modellato più morbido e sfumato e meno
scultoreo. I colori stessi sono meno accesi e i panneggi meno taglienti. Già
Padre Fedele da S. Biagio aveva lodato questo tipo di pittura del D’Anna
relazionandolo a quello di Gioacchino Martorana, che a suo avviso piaceva di
più ai contemporanei proprio per l’uso di colori accesi e squillanti[23].
Le figure, poco numerose, sono distribuite in modo tale da
non saturare la composizione ma con naturalezza si stagliano sul brano di cielo
dalle sfumature celesti-violacee-giallastre. Con il loro moto ascensionale
galleggiano nello spazio senza invaderlo.
In quest’opera possiamo ammirare uno dei primi esempi di
pitture rococò in Sicilia.
Il confronto con un affresco che decora la volta della chiesa
degli Agonizzanti a Castelvetrano, che una tradizione locale vuole sia opera di Vito D’Anna del 1750 circa, e che a mio giudizio potrebbe essere opera di
collaborazione col suocero Olivio Sozzi, attorno al 1746/48[24],
rivela una differenza sostanziale nel modo di dipingere e di concepire lo
spazio (fig. 6).
Fig. 6 - Olivio Sozzi e Vito
D’Anna? – Un’anima ascende in cielo per
intercessione della Vergine Maria e di Gesù bambino, affresco, 1746/48 ca.,
Castelvetrano, chiesa degli Agonizzanti (foto S. Alcamo)
Qui tutto è solido e scultoreo, i colori sono accesi e
squillanti, e con bell’effetto di cangiantismo, le figure invadono e saturano
lo spazio costretto della cornice in stucco (probabilmente di molto precedente
la decorazione pittorica), si sovrappongono e si accalcano, nonostante ciò
possiamo ammirare in alcune figure una delicatezza, una bellezza e una
raffinatezza di colorito che lasciano ipotizzare l’intervento diretto del
giovane Vito (si vedano la perfetta anatomia della figura dell’Inganno (fig. 7), memore del Torso del Belvedere o del Laocoonte). Allo stesso tempo si nota la
ricerca di effetti di straordinaria leggerezza (si veda la figura della Ragione con l’elmo piumato (fig. 8) e le
ombre delicate che trascolorano sul suo viso).
Fig. 7 - Vito D’Anna? – Inganno, (part.), affresco, 1746/48 ca.,
Castelvetrano, chiesa degli Agonizzanti (foto Roberto Stella Castelvetrano).
Fig. 8 - Vito D’Anna? –
Ragione, (part.), affresco, 1746/48
ca., Castelvetrano, chiesa degli Agonizzanti (foto Roberto Stella Catelvetrano).
Di contro nell'affresco di Palermo tutto è leggerezza e
fusione coloristica. Si confrontino, ad esempio, i diversi volti delle figure
femminili o dei puttini (figg. 9-10). La solidità e la monumentalità lasciano
il posto alla grazia e alla delicatezza.
Figg. 9-10 – Vito D’Anna? 1750?, Trionfo della Religione Cattolica, (part.), affresco, Chiesa di S.
Francesco di Paola, sagrestia, (foto S. Alcamo).
Forse l’affresco di Castelvetrano potrebbe essere una delle
ultime opere realizzate da Vito prima del viaggio a Roma e l’affresco della
sacrestia di S. Francesco di Paola a Palermo una delle prime dopo il ritorno
dalla Capitale.
Dunque due opere che potrebbero riempire il vuoto
nell’attività artistica giovanile di Vito D’Anna e che mostrano l’evoluzione
del suo stile.
Spero che la conclusione dell’intervento di restauro possa
contribuire a gettare un po’ di luce sul buio fitto che ancora avvolge la
carriera iniziale non solo di Vito ma anche del figlio Alessandro, e ad
illuminarci sugli interventi degli altri numerosi artisti che hanno decorato
questa stupenda chiesa.
Poiché non ho avuto modo di effettuare delle buone fotografie
non mi pronuncio sull’altro affresco dipinto nel cappellone (figg. 11-12), già
attribuito a Vito, e che è stato anch’esso considerato successivo e opera di
collaborazione col figlio Alessandro[25].
Il Troisi lo colloca sulla scorta del Gallo verso il 1766[26].
Fig. 11 - Alessandro D’Anna? 1766? - Virtù teologali e S. Oliva, affresco, Palermo, chiesa di San
Francesco di Paola, cappellone, (dopo il restauro) (foto S. Alcamo).
fig. 12 - Particolare con la Carità, Palermo, chiesa di San Francesco di Paola, cappellone,
(dopo il restauro) (foto S. Alcamo).
[1]
Ringrazio padre Giorgio che mi ha permesso di fotografare le diverse opere della
chiesa di S. Francesco di Paola.
[2] G. M. Roberti, S. Oliva ovvero la Chiesa e il Convento di
S. Francesco di Paola in Palermo, Palermo 1905, p. 54; G. Bellafiore, Palermo, guida della città e dei dintorni, Palermo 1956, p. 99. Cfr. D. Garstang, Giacomo
Serpotta e gli stuccatori di Palermo, Palermo 1990, p. 217; 267-268, che si
limita a riportare l’attribuzione a Vito D’Anna.
[3]
“Il respiro di questi affreschi non è
però sempre all’altezza della migliore produzione del D’Anna. Ciò lascerebbe
pensare ad un largo intervento del giovane figlio e degli allievi”, C.
Siracusano, La pittura del Settecento in
Sicilia, Roma 1986, p. 359, nota 4.
[4]
A mia conoscenza l’ultimo riferimento agli affreschi di S. Francesco di Paola, in
particolare su quello della sacrestia, compare in S. Troisi, Vito D’Anna, «Kalòs. Arte in Sicilia »,
1993, n. 4, luglio-agosto, p. 30, “[...] mentre
molto meno felice, nella resa sommaria del disegno e del colore più pesante e
opaco è l’affresco della sacrestia con il Trionfo della Religione, che riprende
i consueti modelli compositivi di D’Anna senza tuttavia possederne né la levitò
di tono né la padronanza dello scorcio”.
[5]
Ibidem.
[6]
Per la bibliografia su Vito D’Anna si vedano: M. G. Paolini, D’Anna Vito, ad vocem, in Dizionario
Biografico degli Italiani, Roma 1986, pp. 616-621, con bibliografia fino al
1985; Siracusano 1986, cit., pp. 270-281; I. Guccione, Vito D'Anna
(1718-1769): identità di un artista, Università degli studi di Palermo, Facoltà di lettere e
filosofia, Dottorato di ricerca in storia dell'arte medievale, moderna
e contemporanea in Sicilia, 18. Ciclo, tutor Diana Malignaggi, coordinatore
Maria Concetta Di Natale, Anno Accademico 2006/2007, con
bibliografia.
[7]
L’ultima monografia in ordine di tempo è quella di Marcella La Monica, Vito D’Anna pittore rococò tra sacro e
profano, Palermo 2012.
[8]
Si veda il caso dell’affresco di Palazzo Benenati-Ventimiglia oramai in pessime
condizioni e coperto alla vista da un controsoffitto. È stato riscoperto e
fotografato da Ilaria Guccione che lo ha pubblicato in «Salvare Palermo», Gli affreschi di Vito D’Anna a Palazzo
Benenati, n. 12, Palermo 1999, pp. 23-24.
[9]
Eadem, Il trionfo dell’indifferenza, in «Kalòs. Arte in Sicilia»,
marzo-aprile 1999, anno II, n. 2, pp. 34-35.
[10] La
Monica 2012, cit..
[11]
Siracusano 1986, cit.; La Monica 2012, cit., p. 14.
[12] Fedele
da San Biagio, Dialoghi familiari sopra
la pittura, Palermo 1788; Villabianca; L. Vigo, Memorie di P. Paolo vasta, pittore di Acireale, Palermo 1826; Gallo
ms. XIX sec.; C. T. Dal Bono, Storia
della pittura in Napoli e Sicilia, Napoli 1859. Cfr. Paolini, cit., p. 616.
[13]
“Dopo sei mesi tornò a Palermo per
ragioni di salute”, P. Sgadari di Lo Monaco, Pittori e scultori siciliani dal Seicento al
primo Ottocento, Palermo 1940, p. 40.
[14] Finora si è ipotizzato un periodo di
tempo tra il 1746, dopo la nascita del figlio Alessandro e il 1751, anno in cui
«firmò e datò alcune importanti opere nella sua città
d’origine: gli affreschi della cupola di S. Caterina in piazza Pretoria, e la
decorazione a fresco di palazzo Benenati»,
I. Guccione, I pittori
siciliani del Settecento. L’apprendistato romano, le Accademie e lo studio del
disegno. L’acquisizione di nuovi modelli,
pp. 33-104 in Agatino Sozzi e lo studio
del disegno, a cura di D. Malignaggi, Università degli Studi di Palermo,
Dipartimento Studi Storici e Artistici, Storia del Disegno, dell’Incisione e
della Grafica, Palermo 2003, (su Vito D’Anna in part. pp. 77-82).
[15]
L’atto di matrimonio con Aloisia Sozzi è stato siglato il 24 febbraio 1745. A.
Giuliana Alajmo, Vito d'Anna: Il più grande affreschista Siciliano del
'700 e le sconosciute Sue opere in s. Antonio abate in Palermo. 12 documenti
inediti, Palermo
1954, p. 8. Cfr. G. Mendola, Sei
matrimoni e … un testamento. Inediti per la biografia di alcuni pittori del
Settecento palermitano, in Il
Settecento ritrovato a Palazzo Santelia, catalogo della mostra a cura di G.
Davì et alii, Provincia Regionale di
Palermo, Palermo 2008, p. 27.
[16]
Guccione 2006/2007, cit...
[17]A.
Mongitore, Le chiese e le case, I,
fog. 123. [ms. XVIII sec., presso Biblioteca Comunale di Palermo, Qq. E. 7.],
cfr. Paolini, cit., p. 620; Garstang, cit., p. 268.
[18] Cfr.
nota ?
[19]
Siracusano 1986, cit., p. 358, 359 note 3-4.
[20]
Roberti 1905, cit., p. 54.
[21] “…fu iniziata qualche tempo dopo il settembre
del 1759 e ultimata nel giugno del 1760”, Garstang 1990,
cit., p. 268.
[22]
Siracusano 1986, cit., pp. 358; 359, nota 1.
[23]
Fedele da San Biagio 1788, cit..
[24]
Sul ciclo di affreschi della chiesa degli Agonizzanti di Castelvetrano, di cui
mi sto occupando da qualche tempo, mi riservo di preparare uno studio
dettagliato. Nel frattempo si veda il mio post sul mio Blog http://spigolaturediartesiciliana.blogspot.it/2014/04/ncora-sulla-madonna-degli-agonizzanti.html
[25] Roberti
1905, cit., p. 45; Paolini 1986, p. 618; Siracusano 1986, cit., pp. 358-359.
[26] Troisi
1993, cit., p. 30.
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