mercoledì 6 agosto 2014

E’ DI VITO D’ANNA L’AFFRESCO DELLA SAGRESTIA DELLA CHIESA DI S. FRANCESCO DI PAOLA A PALERMO?

di Sergio Alcamo.

Durante il mio recente viaggio in Sicilia ho avuto modo di rivedere l’affresco appena restaurato[1] che decora la volta della bella sacrestia della chiesa di S. Francesco di Paola a Palermo (fig. 1). Si tratta de Il Trionfo della Religione, già attribuito in passato a Vito D’Anna[2], poi declassato ad opera del di lui figlio Alessandro[3] e, infine, per lungo tempo trascurato dagli studiosi[4].


Fig. 1 - Chiesa di S. Francesco di Paola, Palermo, sacrestia (dopo il restauro) (foto S. Alcamo).

Iconograficamente quest’opera rappresenta la figura allegorica della Fede Cattolica vestita di bianco e assisa su un carro sospeso sulle nubi. Regge il calice con l’ostia irradiante fasci di luce e la croce, simbolo della fede in Cristo. Sotto di lei una figura femminile è attorniata da diversi angeli che reggono alcuni strumenti per officiare i riti sacri (un incensiere, il messale, i paramenti sacerdotali), mentre alla sua sinistra un puttino distrugge una statua di divinità pagana con un martello. In basso alla composizione la figura allegorica della Religione Ebraica sta seduta, pensosa e meditabonda, quasi melanconica, su una nuvola sulla quale trovano posto anche i simboli di quella religione, le tavole della legge, il pettorale del giudizio (Hoshen) incrostato di pietre preziose, e la mitra del gran sacerdote sulla quale, invece della consueta formula inneggiante a Jhwh campeggia quella che sembra la data, il 1750.  
È stata una grande emozione rivedere l’opera dopo neppure sette mesi (l’avevo vista nel dicembre del 2013) (fig. 2) in una nuova veste, ripulita e meglio leggibile (fig. 3).
Purtroppo l’intervento di restauro ci restituisce una pellicola pittorica sofferente e non in ottime condizioni che mostra i danni provocati dal tempo e dall’incuria, e che in alcuni brani ha subito delle perdite di colore. Aveva sicuramente subito dei rimaneggiamenti, come dimostra l’assenza adesso del finto cornicione mistilineo all’interno della cornice reale dell’affresco stesso.



Figg. 2-3 - Vito D’Anna?, 1750?, Trionfo della Religione cattolica, affresco, Chiesa di S. Francesco di Paola, sagrestia, (prima e dopo il restauro), (foto S. Alcamo).

L’opera ha così acquistato maggiore libertà e ariosità e rivela adesso una qualità notevole più di quanto, a mio avviso, la critica moderna gli aveva attribuito[5] anzi, a questo proposito, volevo fare alcune considerazioni su quest’opera negletta in attesa che siano pubblicati i risultati dell’intervento di restauro curato dalla Soprintendenza di Palermo, che sta interessando l’intero edificio.
Vito D’Anna (1718-1769) è forse il pittore e decoratore ad affresco più importante del Settecento siciliano. Su lui molto è stato scritto[6], sebbene manchi a tutt’oggi una monografia aggiornata ed esaustiva[7]. Molte delle sue opere mobili (quadri, disegni e bozzetti) sono riemerse dall’oblio in cui per troppo tempo erano precipitate a causa dei fattori più diversi (errate attribuzioni per assenza di documenti, cattivi e/o vecchi restauri con estese ridipinture e alterazioni, dispersioni, furti, ecc..). Di contro, molti suoi affreschi sono oramai irrimediabilmente perduti a causa delle distruzioni belliche ma anche per la mano dell’uomo che nel nome di un progresso e di una modernità incontrollati ha finito per modificare spazi pubblici, con l’abbattimento di interi edifici e ambienti privati riducendo, ad esempio, quelli che una volta erano grandi palazzi nobiliari in più modesti appartamenti, magari dati pure in affitto[8].
Quei pochi resti superstiti dei cicli decorativi del D’Anna di cui abbiamo notizia o sono in attesa di restauro - quando non sono ridotti a miseri lacerti di un glorioso passato, perendo agonizzanti nel deplorevole silenzio collettivo[9] - oppure sono ancora oggi ignorati dagli studiosi o addirittura del tutto ignoti e molti aspetti e momenti della sua attività restano sconosciuti.  
Come dicevo all’inizio molto è stato scritto, anche di recente[10], eppure ancora molti dubbi permangono in particolare sulla sua attività artistica giovanile: i dipinti (alcuni oggi irreperibili) e gli interventi decorativi ad affresco realizzati durante la formazione acese alla scuola del Vasta, quelli del periodo immediatamente successivo al ritorno a Palermo e all’ingresso nella bottega del Sozzi e soprattutto le opere realizzate prima durante e subito dopo il viaggio di studio a Roma, soggiorno che secondo la vulgata moderna sarebbe durato dal 1746 al 1751[11], ma che secondo le fonti sette-ottocentesche sarebbe stato in realtà di breve durata[12], addirittura solo sei mesi per Sagadari di Lo Monaco[13], a causa della salute cagionevole del giovane artista.
Possiamo affermare che in generale si riscontra un vuoto di documenti e opere di circa cinque/sei anni corrispondenti grosso modo agli anni di questo presunto lungo soggiorno nella capitale[14].
Dopo la fine dell’alunnato, durato otto anni, presso il pittore acese Pietro Paolo Vasta e il rientro a Palermo nel 1744, e quindi l’inizio della collaborazione con Olivio Sozzi, che diverrà presto suo suocero[15], il catalogo del pittore è stato variamente colmato dagli storici dell’arte con alcune opere che mostrano, a mio modesto avviso, qualità e stile divergenti e che pertanto andrebbero valutate meglio nel percorso artistico dell’artista alla ricerca di un proprio linguaggio.
Ilaria Guccione, studiosa palermitana che di più in questi anni si è dedicata con passione al pittore concittadino elenca, sulla base di alcuni noti documenti, una serie di opere che ragionevolmente andrebbero a coprire questi primi anni palermitani e tra queste pone l’Ascensione di Cristo di S. Anna la Misericordia, attribuibile alla prima metà del 1745, i due affreschi per Casa Professa con S. Rosalia intercede per la peste e S. Rosalia in gloria libera Palermo dalla Peste, sempre del 1745, e infine l’affresco a monocromo con la Purità, per S. Sebastiano alla Marina, collocabile al 1747[16], opere, specialmente le prime due, molto differenti tra loro, ma che manifestano da un lato le caratteristiche dello stile del D’Anna già pienamente maturo, dall’altro un ripiegamento verso forme più classiciste, alla Vasta, per così dire.
Cosa, dunque, ha realmente dipinto il D’Anna tra il 1746/47 e il 1750751, in questo secondo periodo di formazione e maturazione alla bottega del Sozzi? Quali opere ha dipinto prima del viaggio a Roma e subito dopo il rientro a Palermo? E soprattutto: quali opere ci mostrano l’evoluzione dello stile del giovane pittore da formule ancora legate al classicismo romano, dalle  volumetrie solide e scultoree verso forme più morbide, vaporose e di gusto pienamente rococò?
Forse una risposta ci può venire dall’affresco della sagrestia della chiesa di S. Francesco di Paola a Palermo che, come ho detto prima, era stato attribuito da alcune fonti ottocentesche[17] a Vito D’Anna e declassato - se così si può dire - da Citti Siracusano ad opera del figlio Alessandro[18]. Secondo Agostino Gallo quest’ultimo avrebbe iniziato la propria carriera pubblica verso il 1766 in questa chiesa, eseguendo diverse opere tra le quali affreschi con le Storie di S. Francesco di Paola, che la Siracusano ritiene siano le due tele, tutt’ora in loco, del medesimo soggetto, e la tela col Beato Longobardi di fronte alla Trinità[19].
Mi chiedo allora: perché proprio in questa chiesa? Probabilmente proprio perché vi aveva già lavorato il padre. 
Avendo avuto modo di vedere l’affresco poco prima del recentissimo intervento di restauro (fig. 4) e poco dopo lo stesso (fig. 5), ho notato quella che sembrerebbe essere una data, [1]750, apposta sulla mitra retta dalla figura femminile in primo piano in basso a sinistra, che allegoricamente raffigura la Religione ebraica, data che chiaramente contrasta con la biografia di Alessandro, nato nel 1746. Se questa mia osservazione fosse confermata ci troveremmo di fronte ad un opera certa di Vito.



Fig. 4 - Vito D’Anna? 1750?, Trionfo della Religione Cattolica, affresco, Chiesa di S. Francesco di Paola, sagrestia, (particolare con la data [1]750 prima del restauro) (foto S. Alcamo).



Fig. 5 - Vito D’Anna? 1750? Trionfo della Religione Cattolica, affresco, Chiesa di S. Francesco di Paola, sagrestia, (particolare con la data [1]750 dopo il restauro) (foto S. Alcamo).
                
Sulla sacrestia il Roberti scriveva “Assai ampia e bellamente decorata di stucchi e di pitture, essa venne ridotta allo stato attuale nella prima metà del XVIII secolo, per opera specialmente del Rev.mo P. Clemente Ciriminna, morto poi Generale dell’Ordine, a Paola nel 1767[20]. Il Garstang riporta invece la notizia che la sagrestia fu costruita ex novo tra il 1759 e il 1760[21]. Nei documenti citati dallo studioso non si fa riferimento alcuno alle decorazioni pittoriche, quindi l’affresco in teoria sarebbe stato realizzato per ultimo.
Ma anche ammesso che la decorazione pittorica sia avvenuta, come era prassi, alla fine, e quindi verso il 1760, Alessandro D’Anna, nato secondo il Gallo nel 1746[22], avrebbe avuto a quell’epoca solo 14 anni, e mi sembrano davvero pochi per una commissione del genere. Forse per ex novo bisogna intendere solo il rinnovamento dell’apparato decorativo a stucco e dorature.
Ritengo perciò più plausibile che l’affresco sia proprio opera di Vito D’Anna e vicino stilisticamente alle pitture di palazzo Benenati e di quelle della cupola di S. Caterina, entrambi del 1751. Caratteristica comune a tutte queste opere mi sembra, infatti, la ricerca di colori meno squillanti, e più amalgamati, di pieghe meno taglienti e più morbide, di incarnati più pastosi e, soprattutto, l’insistenza ad ombreggiare fortemente la zona tra il mento e la gola delle diverse figure.
Anche nell’affresco della sacrestia di S. Francesco di Pola l’artista sembra ricercare una pittura tonale, un modellato più morbido e sfumato e meno scultoreo. I colori stessi sono meno accesi e i panneggi meno taglienti. Già Padre Fedele da S. Biagio aveva lodato questo tipo di pittura del D’Anna relazionandolo a quello di Gioacchino Martorana, che a suo avviso piaceva di più ai contemporanei proprio per l’uso di colori accesi e squillanti[23].
Le figure, poco numerose, sono distribuite in modo tale da non saturare la composizione ma con naturalezza si stagliano sul brano di cielo dalle sfumature celesti-violacee-giallastre. Con il loro moto ascensionale galleggiano nello spazio senza invaderlo.
In quest’opera possiamo ammirare uno dei primi esempi di pitture rococò in Sicilia.
Il confronto con un affresco che decora la volta della chiesa degli Agonizzanti a Castelvetrano, che una tradizione locale vuole sia opera di Vito D’Anna del 1750 circa, e che a mio giudizio potrebbe essere opera di collaborazione col suocero Olivio Sozzi, attorno al 1746/48[24], rivela una differenza sostanziale nel modo di dipingere e di concepire lo spazio (fig. 6).


Fig. 6 - Olivio Sozzi e Vito D’Anna? – Un’anima ascende in cielo per intercessione della Vergine Maria e di Gesù bambino, affresco, 1746/48 ca., Castelvetrano, chiesa degli Agonizzanti (foto S. Alcamo)

Qui tutto è solido e scultoreo, i colori sono accesi e squillanti, e con bell’effetto di cangiantismo, le figure invadono e saturano lo spazio costretto della cornice in stucco (probabilmente di molto precedente la decorazione pittorica), si sovrappongono e si accalcano, nonostante ciò possiamo ammirare in alcune figure una delicatezza, una bellezza e una raffinatezza di colorito che lasciano ipotizzare l’intervento diretto del giovane Vito (si vedano la perfetta anatomia della figura dell’Inganno (fig. 7), memore del Torso del Belvedere o del Laocoonte). Allo stesso tempo si nota la ricerca di effetti di straordinaria leggerezza (si veda la figura della Ragione con l’elmo piumato (fig. 8) e le ombre delicate che trascolorano sul suo viso).


Fig. 7 - Vito D’Anna? – Inganno, (part.), affresco, 1746/48 ca., Castelvetrano, chiesa degli Agonizzanti (foto Roberto Stella Castelvetrano).


Fig. 8 - Vito D’Anna? – Ragione, (part.), affresco, 1746/48 ca., Castelvetrano, chiesa degli Agonizzanti (foto Roberto Stella Catelvetrano).

Di contro nell'affresco di Palermo tutto è leggerezza e fusione coloristica. Si confrontino, ad esempio, i diversi volti delle figure femminili o dei puttini (figg. 9-10). La solidità e la monumentalità lasciano il posto alla grazia e alla delicatezza.



Figg. 9-10 – Vito D’Anna? 1750?, Trionfo della Religione Cattolica, (part.), affresco, Chiesa di S. Francesco di Paola, sagrestia, (foto S. Alcamo).


Forse l’affresco di Castelvetrano potrebbe essere una delle ultime opere realizzate da Vito prima del viaggio a Roma e l’affresco della sacrestia di S. Francesco di Paola a Palermo una delle prime dopo il ritorno dalla Capitale.
Dunque due opere che potrebbero riempire il vuoto nell’attività artistica giovanile di Vito D’Anna e che mostrano l’evoluzione del suo stile.
Spero che la conclusione dell’intervento di restauro possa contribuire a gettare un po’ di luce sul buio fitto che ancora avvolge la carriera iniziale non solo di Vito ma anche del figlio Alessandro, e ad illuminarci sugli interventi degli altri numerosi artisti che hanno decorato questa stupenda chiesa. 
Poiché non ho avuto modo di effettuare delle buone fotografie non mi pronuncio sull’altro affresco dipinto nel cappellone (figg. 11-12), già attribuito a Vito, e che è stato anch’esso considerato successivo e opera di collaborazione col figlio Alessandro[25]. Il Troisi lo colloca sulla scorta del Gallo verso il 1766[26].


Fig. 11 - Alessandro D’Anna? 1766? - Virtù teologali e S. Oliva, affresco, Palermo, chiesa di San Francesco di Paola, cappellone, (dopo il restauro) (foto S. Alcamo).


fig. 12 - Particolare con la Carità, Palermo, chiesa di San Francesco di Paola, cappellone, (dopo il restauro) (foto S. Alcamo).




[1] Ringrazio padre Giorgio che mi ha permesso di fotografare le diverse opere della chiesa di S. Francesco di Paola.
[2] G. M. Roberti, S. Oliva ovvero la Chiesa e il Convento di S. Francesco di Paola in Palermo, Palermo 1905, p. 54; G. Bellafiore, Palermo, guida della città e dei dintorni, Palermo 1956, p. 99. Cfr. D. Garstang, Giacomo Serpotta e gli stuccatori di Palermo, Palermo 1990, p. 217; 267-268, che si limita a riportare l’attribuzione a Vito D’Anna.
[3]Il respiro di questi affreschi non è però sempre all’altezza della migliore produzione del D’Anna. Ciò lascerebbe pensare ad un largo intervento del giovane figlio e degli allievi”, C. Siracusano, La pittura del Settecento in Sicilia, Roma 1986, p. 359, nota 4.
[4] A mia conoscenza l’ultimo riferimento agli affreschi di S. Francesco di Paola, in particolare su quello della sacrestia, compare in S. Troisi, Vito D’Anna, «Kalòs. Arte in Sicilia », 1993, n. 4, luglio-agosto, p. 30, “[...] mentre molto meno felice, nella resa sommaria del disegno e del colore più pesante e opaco è l’affresco della sacrestia con il Trionfo della Religione, che riprende i consueti modelli compositivi di D’Anna senza tuttavia possederne né la levitò di tono né la padronanza dello scorcio”.
[5] Ibidem.
[6] Per la bibliografia su Vito D’Anna si vedano: M. G. Paolini, D’Anna Vito, ad vocem, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1986, pp. 616-621, con bibliografia fino al 1985; Siracusano 1986, cit., pp. 270-281; I. Guccione, Vito D'Anna (1718-1769): identità di un artista, Università degli studi di Palermo, Facoltà di lettere e filosofia, Dottorato di ricerca in storia dell'arte medievale, moderna e contemporanea in Sicilia, 18. Ciclo, tutor Diana Malignaggi, coordinatore Maria Concetta Di Natale, Anno Accademico 2006/2007, con bibliografia.
[7] L’ultima monografia in ordine di tempo è quella di Marcella La Monica, Vito D’Anna pittore rococò tra sacro e profano, Palermo 2012.
[8] Si veda il caso dell’affresco di Palazzo Benenati-Ventimiglia oramai in pessime condizioni e coperto alla vista da un controsoffitto. È stato riscoperto e fotografato da Ilaria Guccione che lo ha pubblicato in «Salvare Palermo», Gli affreschi di Vito D’Anna a Palazzo Benenati, n. 12, Palermo 1999, pp. 23-24.
[9] Eadem, Il trionfo dell’indifferenza, in «Kalòs. Arte in Sicilia», marzo-aprile 1999, anno II, n. 2, pp. 34-35.
[10] La Monica 2012, cit..
[11] Siracusano 1986, cit.; La Monica 2012, cit., p. 14.
[12] Fedele da San Biagio, Dialoghi familiari sopra la pittura, Palermo 1788; Villabianca; L. Vigo, Memorie di P. Paolo vasta, pittore di Acireale, Palermo 1826; Gallo ms. XIX sec.; C. T. Dal Bono, Storia della pittura in Napoli e Sicilia, Napoli 1859. Cfr. Paolini, cit., p. 616.
[13]Dopo sei mesi tornò a Palermo per ragioni di salute”, P. Sgadari di Lo Monaco, Pittori e scultori siciliani dal Seicento al primo Ottocento, Palermo 1940, p. 40.
[14] Finora si è ipotizzato un periodo di tempo tra il 1746, dopo la nascita del figlio Alessandro e il 1751, anno in cui «firmò e datò alcune importanti opere nella sua città d’origine: gli affreschi della cupola di S. Caterina in piazza Pretoria, e la decorazione a fresco di palazzo Benenati», I. Guccione, I pittori siciliani del Settecento. L’apprendistato romano, le Accademie e lo studio del disegno. L’acquisizione di nuovi modelli, pp. 33-104 in Agatino Sozzi e lo studio del disegno, a cura di D. Malignaggi, Università degli Studi di Palermo, Dipartimento Studi Storici e Artistici, Storia del Disegno, dell’Incisione e della Grafica, Palermo 2003, (su Vito D’Anna in part. pp. 77-82).
[15] L’atto di matrimonio con Aloisia Sozzi è stato siglato il 24 febbraio 1745. A. Giuliana Alajmo, Vito d'Anna: Il più grande affreschista Siciliano del '700 e le sconosciute Sue opere in s. Antonio abate in Palermo. 12 documenti inediti, Palermo 1954, p. 8. Cfr. G. Mendola, Sei matrimoni e … un testamento. Inediti per la biografia di alcuni pittori del Settecento palermitano, in Il Settecento ritrovato a Palazzo Santelia, catalogo della mostra a cura di G. Davì et alii, Provincia Regionale di Palermo, Palermo 2008, p. 27.
[16] Guccione 2006/2007, cit...
[17]A. Mongitore, Le chiese e le case, I, fog. 123. [ms. XVIII sec., presso Biblioteca Comunale di Palermo, Qq. E. 7.], cfr. Paolini, cit., p. 620; Garstang, cit., p. 268.
[18] Cfr. nota ?
[19] Siracusano 1986, cit., p. 358, 359 note 3-4.
[20] Roberti 1905, cit., p. 54.
[21] “…fu iniziata qualche tempo dopo il settembre del 1759 e ultimata nel giugno del 1760”, Garstang 1990, cit., p. 268.
[22] Siracusano 1986, cit., pp. 358; 359, nota 1.
[23] Fedele da San Biagio 1788, cit..
[24] Sul ciclo di affreschi della chiesa degli Agonizzanti di Castelvetrano, di cui mi sto occupando da qualche tempo, mi riservo di preparare uno studio dettagliato. Nel frattempo si veda il mio post sul mio Blog http://spigolaturediartesiciliana.blogspot.it/2014/04/ncora-sulla-madonna-degli-agonizzanti.html
[25] Roberti 1905, cit., p. 45; Paolini 1986, p. 618; Siracusano 1986, cit., pp. 358-359.
[26] Troisi 1993, cit., p. 30.